Rubo una foto di Andrea, mio fratello. E' stata scattata a Lecce, ma è dedicata alla “Zona Tempio” di Modena.
Senza scomodare Ricardo, Marx e Keynes possiamo richiamare alcune definizioni di “capitale” sintetizzate qui da Wikipedia.
Esiste un “capitale finanziario” ossia una “ricchezza numeraria o facilmente trasformabile in numerario”; un “capitale naturale” tipo l’acqua dei fiumi che irriga i campi; un “capitale infrastrutturale” cioè “un sistema di supporto creato dall'uomo per lo svolgimento e la facilitazione delle attività economiche” e quindi “strade, ferrovie, sistemi di telecomunicazione, ecc.”.
Spingendoci più in là, scopriamo che c’è anche un “capitale umano” che – dice ancora l’enciclopedia libera, ma ormai lo sanno bene un po’ tutti quelli che sono andati a scuola fino alla quinta elementare – deriva “dagli investimenti in qualifiche ed istruzione. La teoria dello sviluppo umano riconosce il capitale umano come componente di elementi della società chiari e distintivi, imitativi e creativi”.
Arriviamo al dunque. Ci chiediamo: per mantenere “vivo” e “produttivo” il quartiere “Tempio” possono esistere capitali infrastrutturali (teatro, cinema, stazione, museo, negozi funzionanti, strade percorribili, campetti da calcio, luoghi di culto…) e capitali umani (gente che fa cultura, che studia, che si forma, che passa del tempo insieme; persone che frequentano negozi, locali, punti di aggregazione, comitati, partiti politici… insomma gente che gira per strada e vive)? A domanda banale, una risposta banale: sì.
Ecco uno stralcio della ricerca “Stranieri a Modena, l’altra storia” scaricabile qui nel sito del Centro Ferrari che l’ha curata assieme all’associazione Via Piave e Dintorni. Scrive l’antropologo Daniele Cantini: «Due righe anche sulla zona Tempio, a conclusione di questa parte dedicata alla dimensione quantitativa del fenomeno migratorio nel nostro paese e nel nostro comune; i residenti sono 2.100, di cui il 24,5% stranieri, una percentuale più che doppia rispetto al totale della città, come accade di solito in tutto il mondo nella zona intorno alla stazione del treno, primo luogo di arrivo; molti stranieri che ora non abitano più qui ci hanno abitato, e appena hanno potuto permetterselo se ne sono andati in quartieri percepiti come più “tranquilli”. La caratteristica principale della zona è, come menzionato in apertura, la forte concentrazione di attività commerciali ed economiche legate agli immigrati: 120 attività economiche, una sessantina di negozi, 43 botteghe artigiane e 17 tra bar, locali e ristoranti, stando a stime dell’assessorato per le attività economiche del comune. Si tratta di uno dei quartieri più controversi di tutta la città di Modena, come già accennato, ed allo stesso tempo uno dei più ricchi di potenzialità».
“Uno dei più ricchi di potenzialità”. Coraggio. Ripeschiamo pure i manuali di economia sul Capitale. Aspettiamo testardamente i progetti di riqualificazione. Ma il "plusvalore" del territorio, quello portato anche dagli immigrati, lo dobbiamo scovare noi… girando per strada, non stando seduti davanti alla tv.
Bell'articolo però il problema è che se il tessuto sociale si impegna e agisce, ma il potere pubblico invece che favorire la libera intrapresa, umilia gli operatori di sussidiarietà, allora vuole dire che c'è un problema.
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