venerdì 15 luglio 2011

La banalità di alcune parole



Nell'ultimo numero di "E-Il mensile" (il giornale di Emergency, abbonatevi perché è bello; a luglio parla anche di "vite precarie"), c'è un simpatico racconto della poetessa Patrizia Valduga. Si chiama "La banalità del Dna".

«Molte parole della medicina entrano nell'uso comune, perlopiù banalizzate o sfigurate dall'uso giornalistico. Nel Dna, l'acido nucleico che trasmette i caratteri ereditari, ormai si trova di tutto: libertà, ottimismo, amicizia, gelosia, tradimento, balbuzie, musica, dipendenza da alcol e droga, volontà di smettere di fumare, emicrania, dieta perfetta, violenza... Ho letto che nel Dna di ognuno di noi c'è la moto, e ho letto che c'è anche il non saper guidare; la paura dei ragn è in quello delle donne e la giusta cottura della pasta in quello degli italiani. La guerra è nel Dna dei primati? Non è ancora stato accertato. Però: l'unità è nel Dna della nostra costituzione, la litigiosità è nel Dna della sinistra, la mancanza di rispetto per il Parlamento è nel Dna del centrodestra, la secessione è nel Dna della Lega Nord, il successo è nel Dna dell'Inter, il territorio è nel Dna dei prodotti Dop, la maratona di Sant'Antonio è nel Dna di Padova, il pesto genovese è nel Dna della Liguria...».

Poi continua.

«Dalla psicoanalisi è arrivata cent'anni fa la parola "rimozione": tutti dicono di aver rimosso, ma la rimozione è un meccanismo inconscio e chi ha rimosso non può sapere di aver rimosso. Trovo significativo che in pubblicità non ci sia più niente che "tolga" la sporcizia: oggi la si "rimuove". Non senza raccapriccio, segnalo infine l'uso giovanilistico di "sclerare" e "sclerato", e auguro loro brevissima vita».


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