domenica 10 aprile 2011

Precari, tra carnevale e via crucis





IL VIDEO "MANCAVATE SOLO VOI" DI OFFICINE TOLAU



LE TESTIMONIANZE RACCOLTE DA SILVIA BONACCINI SULLA "GAZZETTA DI MODENA"

Dai professori ai bibliotecari "Le nostre vite deprezzate"

Inoccupati, sottopagati, appaltati. Quando la precarietà si fa vita non si ha tempo per attendere condizioni migliori: si pretendono quei diritti dati per conquistati e ora svaniti. I manifestanti “invisibili” sono entrati in piazza Mazzini indossando le loro maschere bianche e leggendo l’articolo 36 della Costituzione e gettandola al vento per sottolineare, sdegnati, come nel loro presente quelle parole risultino vuote.

«Chiediamo un salario dignitoso e un welfare di sostegno alla flessibilità».

Così ha aperto gli interventi Paolo Tomassone, giornalisti precari, denunciando la situazione dei 24mila collaboratori esterni delle redazioni «un caporalato a chiamata che ci mette uno contro l’altro - dice - i quotidiani pagano compensi scandalosi e sono editi da chi percepisce finanziamenti pubblici: chiediamo sanzioni severe».

Una situazione non dissimile da quella dei 400mila precari abilitati e non della scuola, che nelle parole di Enza Cozzolino, Filcams, invocano i titoli 3 e 4 della Costituzione e la direttiva europea del 1999 sul divieto dell’abuso del tempo determinato.

«E’ un fenomeno strutturato: chiamate periodiche e contratti a tempo, poi a casa mentre il Ministero boccia il liceo musicale per mancanza di personale: la verità è che quel personale è stato bloccato dallo stato che aumenta i fondi per le scuole private» afferma. Luca Dotti, educatore di sostegno a migranti e disabili continua denunciando «il taglio di risorse e certificazioni della Gelmini e spiegando come ricada sulla qualità dell’istruzione e sulle cooperative del territorio che hanno in gestione i servizi. A Baggiovara ha vinto chi ha deprezzato i lavoratori».

Vittime degli appalti sono anche gli addetti alle biblioteche che con le loro rivendicazioni hanno fermato la forbice dell’amministrazione non è così a Carpi dove lottano da un anno, dice Chiara Bosi. Per ovviare temporaneamente alla crisi da Sel arriva la proposta di legge sul reddito minimo garantito: uno stanziamento in parte da fondi regionali anche con un pacchetto servizi e una parte di soldi dalle imprese.


LA CRONACA "LA VIA CRUCIS DEI 500 PRECARI" DI EVARISTO SPARVIERI SU "LA GAZZETTA DI MODENA"


ARTICOLO DI DAVIDE MISERENDINO SU “IL RESTO DEL CARLINO

TRE PUNTI cardinali: il «momentaccio» che stiamo vivendo, il futuro «incerto più che mai» e il lontano da qui, dall’Italia. Ieri questi concetti rimbalzavano di bocca in bocca alla manifestazione contro il precariato ‘Il nostro tempo è adesso. La vita non aspetta’. Una protesta che è partita dal cortile della facoltà di Economia e ha percorso, col passo scandito dagli inni delle manifestazioni di sinistra, la via Emilia fino a piazza Mazzini. Tanti i rappresentanti istituzionali insieme ai manifestanti: c’era la Cgil al gran completo, la consigliera del Pd Giulia Morini e il capogruppo di Sinistra per Modena Federico Ricci.

«Sono studente e lavoratore» dice Giovanni Amarante, occhiali scuri e sigaretta in bocca. E’ una condizione che condividono in tanti: sanno che l’università da sola potrebbe non bastare, e che è meglio iniziare a ‘impratichirsi’ per non rimanere a piedi. «Studio Lettere e filosofia qui a Modena — continua — mi piacerebbe insegnare storia all’università. Se ci spero? No. Mi è più facile immaginare una carriera in Europa. Quest’anno ho fatto domanda per l’Erasmus (gli scambi internazionali per universitari, ndr) proprio per cominciare a guardarmi intorno».

Veronica Di Santo è al quarto anno della scuola superiore. Anche lei indossa — come tutti i manifestanti — una maschera bianca, il simbolo dei ‘fantasmi del lavoro’. «La precarietà? Be’, l’ho provata a scuola. In questi anni ho avuto soltanto due professori per più di un anno di seguito. Credo che la cosa non faccia bene nè ai docenti nè agli studenti». Ha scelto di scendere in piazza perché «le conseguenze della precarietà, sia sul lavoro che nella scuola, investono tutti i giovani. Nessuno escluso».

Dany Botrugno è arrivato al giro di boa: è stato precario, e adesso spera di essere assunto. A tempo indeterminato, una frase che a dirla forte la gente si gira a guardarti. «Faccio quadri elettrici — racconta — Ho studiato a Sassuolo, al tecnico, e poi mi si è aperta questa strada. Sì, il lavoro che faccio mi piace, anche se spesso si fanno undici ore invece di otto. In un momento come questo sei costretto ad accettare qualunque cosa».

Giulia è un’oasi. Ha un contratto a tempo indeterminato, lavora nella comunicazione. «Faccio una cosa che mi piace. Di cambiare, per ora, non se ne parla. Anche perché è tutto così incerto che non si riesce a individuare un’alternativa favorevole». Pochi passi più indietro c’è Mohcine El Arrag. E’ marocchino, è la prima cosa che dice. «Vivo due precariati — racconta —: quello da lavoratore e quello da cittadino». Si spiega meglio. «Essendo extracomunitario sono vincolato al permesso di soggiorno e ai tempi, lunghissimi, del rinnovo. E’ una cosa che ci penalizza». Lavora nel campo dell’assistenza, per una grande cooperativa: «Per ora va bene — dice — ma la paga non è un granché».

CON MARCO e Sara si fa un salto nel mondo della scuola. Lui è un dottorando, «il peggio che ti può capitare» dice ridendo. «Studio qui a Economia, con una borsa di tre anni. La cosa che mi dà più fastidio è sapere che alla fine di questo percorso mi ritroverò probabilmente con un pugno di mosche in mano. In un vicolo cieco». Sara, invece, è un’insegnante precaria. In carne e ossa. «Sono arrivata qui da Pescara perché non c’era posto. E’ brutto non poter sapere cosa farai e dove sarai l’anno prossimo». In piazza — non ce li dimentichiamo — c’erano anche i giornalisti. «Il precariato e le difficili condizioni del lavoro autonomo giornalistico — hanno spiegato — mettono in seria difficoltà il sistema dell’informazione».


SERVIZIO DI CRISTINA PROVENZANO SU “TRC

Precari in piazza

Al grido di “Il nostro tempo è adesso” oggi pomeriggio sono scesi in piazza a Modena i lavoratori precari con contratti in scadenza, atipici, a tempo determinato o con collaborazioni occasionali. Il corteo è partito alle 15.30 da via Berengario per arrivare in piazza Mazzini, sfilando in via Emilia centro. Centinaia di giovani e non hanno voluto manifestare per dire no alla precarietà, che troppo spesso blocca le scelte di vita di un’intera generazione, costretta a vivere in funzione di un lavoro instabile e sottopagato. Insegnanti, operai, impiegati, interinali e giornalisti hanno indossato una maschera bianca come simbolo dei “lavoratori fantasma” perlopiù ignorati dalle riforme e dai tagli del Governo. Secondo gli organizzatori, erano circa 700 le persone che oggi hanno manifestato, tra di loro anche gli operai della Terim e i lavoratori della biblioteca Delfini con la sagoma dello stesso Delfini tra di loro.

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Precari, corteo in centro storico

Centinaia tra precari, studenti, lavoratori e pensionati hanno attraversato ieri pomeriggio il centro di Modena con il corteo «Il nostro tempo è adesso» (nella foto), la manifestazione nazionale dedicata ai precari. Maschere bianche da fantasma, giocolieri, striscioni, carri e musica per protestare contro il mondo della precarietà. Alla manifestazione, che ha preso il via alle 15.30 dalla facoltà di Economica e si è conclusa in piazza Mazzini, hanno aderito anche Arci, giovani democratici, Sel, popolo viola, federazione della sinistra e coordinamento giornalisti collaboratori precari freelance dell’Emilia Romagna. L’appello lanciato dalle centinaia di giovani e meno giovani presenti è quello per un Paese che permetta a tutti di studiare, lavorare, inventare e informarsi in autonomia.


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